VITTORIO RAIO
Alla fine di Napoli-Bologna mi è stato chiesto: “Chi indichi quale migliore del Napoli?”. Non ho avuto il minimo dubbio: Sarri. Per tantissimi motivi: c’era il pericolo (ed è capitato tantissime volte nella storia del calcio) che una squadra dopo una sconfitta “importante” restasse demoralizzata (e il Napoli ha dimostrrato di aver somatizzato al meglio lo stop a San Siro; c’era il pericolo che Gabbiadini avvertisse troppo il dover rimpiazzare ancora una volta Higuain e Gabbiadini ha risposto alla grande con due magnifici gol; c’era il pericolo che la squadra restasse emotivamente coinvolta nel chiacchiericcio becero di gente interessata a minare il cammino del Napoli e la squadra è stata brava ad evitare queste mine seminate da…esperti, a reagire dopo una prova non del tutto irreprensibile a Milano; c’era il pericolo di un Bologna che aveva già fermato Juventus e Roma e che notoriamente contro il Napoli si era sempre esaltato. Insomma, bisognava stare molto attenti. E’ stato bravissimo Sarri a far sì che il Napoli entrasse in campo concentrato, fisicamente e agonisticamente al meglio. Grande Sarri.
Il Bologna è stato moritificato nel gioco e umiliato nel punteggio. Qualcuno sostiene: non si fa, non si ridicolizzano gli avversari. Niente di più sbagliato. Bayern, Barcellona, Real non si pongono questi problemi e poi non dimentichiamo nel recente passato certe prestazioni da Champions del Bologna contro il Napoli non avendo come obiettivo la Champions. Quindi, aver rimandato a casa il Bologna e Donadoni con sei palloni nei… borsoni dà più soddisfazione ai tifosi ed è un bel biglietto da visita (classifica a parte) in vista del derby all’Olimpico cntro la Roma. Bologna disintegrato. “Che figura di m…”, direbbe Emilio Fede.
Ciò premesso e dopo aver riconosciuto a Sarri meriti evidentissimi sul rendimento e sui risultati del Napoli in questa stagione (non dimentichiamo mai le meschine perplessità espresse su di lui quando De Laurentiis lo chiamò per sostituire il vate Benitez), va fatta un’altra riflessione.
Se il Napoli perde, è colpa solo di Sarri e degli azzurri
Quando il Napoli perde una partita (a volte anche se solo la pareggia) si aprono processi: a Sarri ed alla squadra. Grazie a Sarri, è capitato pochissime volte in questa stagione, ma purtroppo è capitato. Si aprono processi durante le trasmissioni sportive, si leggono accuse ai confini dell’inverosimile e commenti se non altro faziosi, dimenticando che nessuno è esclusivista di errori (quindi anche Sarri che tanto bene ha fatto, ha il… diritto di sbagliare, di “essere prevedibile con i suoi schemi”), dimenticando che magari una partita la si è persa solo per una sfortunatissima deviazione (Albiol a Torino contro la Juventus); per decisioni a dir poco sconcertanti degli arbitri; perché ci sta che nell’arco di una stagione una squadra possa toppare una gara e un allenatore possa sbagliare una formazione o una tattica. Si aprono processi in quanto quella sconfitta è “solo” colpa della squadra se non addirittura di De Laurentiis, reo di non aver fatto qualche acquisto in più. Risibile, a dir poco, se si considera che puoi anche schierare Maradona (e a Napoli lo sappiamo), se decidono di non farti vincere, non vinci. Ricordo benissimo quando una volta a Firenze Maradona disse a noi cronisti a fine gara: “Oggi mi sono sentito mettere le mani nelle tasche”. Per non citare tantissimi altri episodi.
Se il Napoli vince, l’avversario è stato scarso e si parla di… partenze
Quando il Napoli vince una partita (e in questa stagione per bravura è capitato tantissime volte ed anche con punteggi importantissimi dopo aver espresso un gioco spettacolare, riconosciuto a livello europeo), ecco altre tipologie di analisi sui successi. Innanzitutto, si va a ridimensionare il valore o la prestazione dell’avversario: “E’ vero, il Napoli è stato bravo, ha vinto, ma il Bologna dov’era? (in altre occasioni, altre squadre, ndr)”. Insomma ridimensionare l’antagonista per sminuire la prova degli azzurri e i meriti di tutti, da De Laurentiis, a Sarri. agli azzurri. Non bastasse, più che soffermarsi sulla prestazione della squadra, sul gioco espresso che spesso ha ridicolizzato e frastornato gli avversari, ecco che i protagonisti dei talk show iniziano a fantasticare immaginando il futuro. “Ma Higuain resterà a Napoli?”, “Ma Higuain accetterà di giocare ancora in una squadra che non ha vinto?”. “Higuain vuole una squadra da Champions!”. Ancora: “E Gabbiadini? Accetterà di continuare a fare la riserva di Higuain? E’ un attaccante di valore e sta in panchina?”. Parlano come se fossero i procuratori… A seguire elucubrazioni su Insigne, Mertens e via… Strano che tutto ciò non accada quando si commentano le prestazioni della Juventus. Paura, servilismo o cosa?
E’ vero che tutti i calcatori vogliono sempre giocare, che spesso abbiamo assistito nel Napoli e in altri club a scene di atleti che appaiono insoddisfatti per una sostituzione, che sbuffano, ma vanno evidenziati alcuni aspetti: questi atleti devono comprendere che il calcio di oggi si gioca in 14 e non più in 11; che non è mortificante far parte di un organico che è rimasto ad altissimi livelli per un’intera stagione, anzi è qualificante; infine che non capita tutti i giorni di giocare in un club quale è il Napoli.
A chi si esibisce in sterili osservazioni tendenti sempre a minare il progetto-Napoli, va detto che anche altri club hanno calciatori di assoluto valore sulle panchine. E’ il calcio di oggi che impone di avere alternative validissime come un Morata o un Dybala, di far fare la riserva a Zaza che in qualche altro club sarebbe titolare fisso. Il calcio è cambiato da tempo, ma sembra che qualcuno quando parla non se ne sia accorto. Il calcio impone a calciatori come Cuadrado, Lemina, Hernanes, Evra, Rugani, Telles, Melo, Palacio, Jovetic, Mexes, De Sciglio, Honda, Balotelli, Menez, Mati Fernandez, Zarate, Ilicic, De Rossi, Totti, Strootman, Dzeko, Klose di farsene una ragione se più di una volta fanno compagnia agli allenatori in panchina. Strano che si parli solo dei cosiddetti mal di pancia di casa-Napoli… O no?