E’ partita ufficialmente l’edizione 2015 di Football Leader, organizzato da DGS Sport&Cultura e dall’Assoallenatori con la presenza prestigiosa del giudice sportivo Gianpaolo Tosel. Insieme a lui relatori al convegno il presidente dell’Assoallenatori (AIAC) Renzo Ulivieri, il Direttore Generale dell’Atalanta Pierpaolo Marino, il Direttore del Corriere dello Sport Paolo De Paola, l’inviato Rai Enrico Varriale, il responsabile di Radio Marte Vittorio Raio. Si è discusso di prova televisiva, uno dei temi caldi del convegno aperto da Tosel: “Tutto quello che il giudice sportivo può avere seguito nelle trasmissioni serali, moviole, quello che può aver letto sui giornali sportivi o personalmente visto è del tutto irrilevante. La verità viene dalla lettura del referto arbitrale, della procura federale e degli assistenti. L’unico settore in cui il giudice sportivo ha la sua autonomia è la prova televisiva che nel codice vigente presuppone una condotta violenta o antisportiva o una attività blasfema non refertata. La condotta violenta rilevante ai fini della prova televisiva è quella caratterizzata da una intenzionalità e idoneità lesiva”. Sullo stesso tema, Ulivieri sottolinea: “Come AIAC ci siamo battuti affinché venisse inserito nel codice anche la simulazione che è molto grave nel mondo del calcio”. Per Marino i tempi di valutazione sono troppo lunghi e possono dar luogo a condizionamenti: “Non bastano solamente le immagini trasmesse che vengono prodotte da tv ingaggiate dagli stessi club. Ben venga la prova televisiva e il supporto tecnologico”. Sulla responsabilità oggettiva, Tosel rilancia: “Il concetto collide con la coscienza etica e giuridica di tutti noi. Però, storicamente, ha sempre accompagnato il calcio. Con una divaricazione nei tempi odierni che un tempo non c’era. Nasce in relazione agli atti di violenza negli stadi che rendevano difficile se non impossibile l’identificazione di chi commetteva l’illegalità. Ora soprattutto sull’illecito sportivo. Il giudice può attenuare o elidere la responsabilità oggettiva qualora ricorrano entrambe o una soltanto delle circostanze: se la società presenta il piano di organizzazione, qualora la società contribuisca in modo determinante alla identificazione di chi ha commesso violenza”. Sui cori razzisti, il giudice sportivo conclude: “Le prime conseguenze della normativa sulla discriminazione territoriale sono sotto gli occhi di tutti: curve squalificate. Così sono state introdotte delle limitazioni: nella prima riforma, il coro deve essere numericamente rilevabile e percepibile nello stadio. La discriminazione territoriale non prevede più l’automatica chiusura del settore ma delle sanzioni pecuniarie e, in casi di recidività, della squalifica del settore. La discriminazione territoriale non è più eguagliata alla discriminazione razziale. Stranamente, questa riforma, ha diminuito i casi di segnalazione per discriminazione territoriale a conferma che un certo tipo di sanzione è forse il risultato che un tipo di frange di sostenitori intendevano perseguire”. Per Marino: “Sugli stadi, non è solo un problema di responsabilità oggettiva. E’ un problema di ordine pubblico perché non abbiamo le leggi per punire gli episodi di violenza negli stadi”. Per Ulivieri: “Di fronte a cori beceri bisogna prendere le distanze. Tutti i tifosi, tutte le società devono prendere le distanze da comportamenti incivili”.
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