Da oltre un mese, sia a Radio Marte che ne “Il bello del calcio” a Canale 21, dico che il Napoli di Benitez può vincere tante Milano-Sanremo, ma non è stato costruito e non è poi stato modellato per trionfare in una corsa a tappa, come il Giro d’Italia o il Tour de France. Una teoria che successivamente è stata ripresa e adottata, facendola propria, da altri giornalisti.
In una classica è sufficiente un exploit, una giornata in cui stai particolarmente bene e gli avversari no, per aggiudicartela. Nelle corse a tappe, al di là del valore della squadra e dei singoli, occorrono continuità di rendimento e costante intensità altrimenti al traguardo finale non potrai mai arrivare al primo posto.
Rapportando il tutto al calcio, al di là del peccato originale nel varo dell’organico quando Benitez sottovalutò la fase difensiva (aspetto da me evidenziato prima che iniziassero i giochi e che il campo ha poi messo in risalto), il Napoli difetta per continuità di rendimento nelle partite e per intensità nei novanta minuti. La Juventus di Conte, ad esempio, anche se sta vincendo 3-0 continua a macinare gioco, aggredisce gli avversari. Conte sprona i suoi come se fossero ancora sullo 0-0 o al massimo sull’1-0. E poi, che giochi con il Sassuolo e il Catania o con la Roma, la Juventus quasi sempre ci mette l’anima e un furore agonistico che non sembrano appartenere al Napoli in troppe occasioni.
Ieri, ad esempio, gli azzurri sono apparsi inguardabili nel primo tempo (neanche un tiro in porta) e sino a quando non hanno incassato il gol di Parolo. Il rendimento del Napoli? Il giusto contrario di quello bello e intenso che aveva messo sotto la Juventus solo pochi giorni prima. Dopo la rete del Parma gli azzurri hanno iniziato a giocare, a tirare in porta (è difficile vincere se non lo fai!), a dimostrare di essere in campo. Con la testa e con lo spirito. Napoli più presente, Napoli in partita, Napoli sfortunato (anche per colpa dell’arbitro Bergonzi che ammonendo Zapata ha sperato di cancellare il precedente errore), al di là delle solite sostituzioni di Benitez che fa più o meno sempre gli stessi monotematici cambi. Uno per uno senza una svolta tattica.
Io parlai ad agosto e settembre di una fase difensiva carente, improponibile. Oggi, l’autorevole Gazzetta dello Sport ha scritto: “La Roma ha subito 18 reti, il Napoli 33. Chi si difende bene in serie A, è quasi sempre felice. Il Napoli è la difesa più battuta fra le tre squadre di testa ed è anche quella che ha meno costanza di rendimento. Sono queste due variabili determinanti per fare una squadra da scudetto nel campionato italiano dove allo spettacolo si preferisce la tattica”. Ma Benitez farà tesoro degli schiaffi presi?
Intanto, il Napoli ha lasciato sei punti su sei a Donadoni e ha definitivamente “abbandonato” anche il sogno del secondo posto. E Benitez adesso sta a meno dodici punti dalla Roma di Garcia. Certamente la colpa non è di De Laurentiis che avrebbe voluto fare altri acquisti, né incide minimamente nelle scelte dell’allenatore nel varo delle formazioni. Insomma, la stagione del Napoli, sia pure da applausi riconoscendo gli errori iniziali, il cammino in Champions e la sfortuna che ha accompagnato il cammino degli azzurri, è stata contraddistinta: 1) dal peccato originale (carenza della fase difensiva e valore di difensori e centrocampisti); 2) dai peccati capitali: mancanza costante di continuità di rendimento e stessa, necessaria intensità di gioco in tutti gli incontri. E Benitez dopo 32 giornate di campionato dice: “Dobbiamo migliorare la fase difensiva e segnare più gol…”. Un’osservazione che si commenta da sola.