Strutture in disarmo, servizi inservibili e luoghi che ricordano i miserabili di Victor Hugo. Questa è Napoli al tempo della decrescita felice arancione e della prossima rampa di lancio elettorale per Luigi De Magistriis, il sindaco di Napoli fino al 2021, candidatosi al parlamento europeo del 2019, e per le elezioni a governatore del 2020.
Una efficace illustrazione di che cosa è oggi la città: da un lato un disfacimento continuo, col drammatico picco dei trasporti ormai inservibiliq, il grave e incompiuto ciclo dei rifiuti, il fallimento delle periferie; dall’altro un interminabile annuncismo da campagna elettorale che dimostra lo scarso senso di responsabilità nel governare. Al punto che tra i risultati effettivi dell’amministrazione cittadina e l’immagine virtuale della propaganda può anche non esserci piū alcun. nesso reale. Fosse stato per i risultati della sua attività (?), del resto, non avrebbe dovuto neanche essere eletto per il secondo mandato. E infatti tra un’elezione e l’altra perse ottantamila voti, e tornò a Palazzo San Giacomo con il consenso di neanche un quarto dell’elettorato, grazie a un’astensione record. Oggi lo sostiene uno strano impasto di “gruppi antagonisti, imprenditori della movida, teatranti di strada, salotti della vecchia sinistra anti-berlusconiana, grandi vecchi del giacobinismo cittadino e intellettuali filo-borbonici, nostalgici del terzomondismo, filocastristi, filopalestinesi e filocurdi, regressivi alla Latouche”, come ben descrive Paolo Macry nel suo ultimo libro. Il sindaco sembra rappresentare questi napoletani, le loro scarse aspettative di normalità, la loro sfiducia nello sviluppo, la tendenza a cercare all’esterno i responsabili dei problemi locali. Può spiegarsi così il fenomeno di de Magistris, delle sue piccolezze, ma anche della sua estrema quanto vana originalità e quindi anche della sua imprevedibile e immotivata durata.