Io e Benitez, un errore in comune

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Probabilmente sia io che Benitez, cronologicamente parlando, ci siamo sbagliati quando entrambi abbiamo chiesto di avere pazienza e di dare fiducia agli allenatori che sono al primo anno in una nuova società avendo tra l’altro un organico ampiamente rinnovato.
Io sbagliai a luglio-agosto 2013. Ad esclusiva tutela di Benitez, mentre tutti o quasi, anche da lui plagiati, parlavano di scudetto e di grandi traguardi in un clima di esaltazione collettiva come se il Napoli si fosse improvvisamente e miracolosamente trasformato nel Bayern o nel Barcellona, dissi e scrissi: “Non mettiamo fretta a Benitez. E’ un nuovo allenatore, in una nuova squadra e tra l’altro con un organico ampiamente rinnovato”. Predicai pazienza ed equilibrio nei giudizi sia per le tante esperienze vissute, sia perché avevo notato come era stata sottovalutata colpevolmente la fase difensiva della squadra nel varare il nuovo assetto. E senza avere una fase difensiva all’altezza difficilmente si vince in Italia (stamane l’ha scritto anche Luigi Garlando su La Gazzetta dello Sport). Io  difendevo Benitez in proiezione futura e lui si faceva del male con promesse non semplici da mantenere soprattutto in Italia: “De Laurentiis mi ha accontentato in tutto. Faremo meglio dello scorso campionato”.
Benitez ha sbagliato nei giorni scorsi. Dopo la partita pareggiata con il Porto e dopo l’eliminazione dalla Europa League. “Al primo anno in una nuova squadra al nuovo allenatore bisogna concedere il tempo di far crescere il progetto. Non possiamo lamentarci in quanto in Champions siamo usciti avendo totalizzato 12 punti; siamo usciti agli ottavi dall’Europa League, siamo terzi in campionato e siamo in finale di coppa Italia. Non mi sembra male”.
Ovvero, lui si è accorto di quanto io dicevo otto mesi prima (forse perché in arrivo aveva sopravvalutato le proprie possibilità?) e se ne è accorto quando ha iniziato a notare le prime critiche sul gioco, sui risultati, sulle sue idee applicate al Napoli. Lui aveva promesso faremo meglio dello scorso anno e la gente vede che il Napoli meglio non potrà fare. Al massimo potrà vincere la coppa Italia (non è poco, ma i tifosi giustamente pretendono di più), al massimo potrà arrivare secondo in campionato (ovvero come nella passata stagione) anche se dopo la sconfitta con la Fiorentina diventa tutto più complicato e va soprattutto protetto il terzo posto.
Ho difeso Benitez quando Rafa non difendeva se stesso e il Napoli, promettendo mare e monti, dicendo ai tifosi quello che i tifosi volevano sentirsi dire (dimenticando, però, che poi la gente avrebbe preteso che mantenesse le promesse). Benitez ha sbagliato nel ricordare a marzo che lui è al primo anno nel Napoli. A luglio non lo sapeva? Fece il simpatico, un po’ il guascone e ora gli riesce difficile tener fede a quanto promesso. Addirittura mi chiedo: è vero che De Coubertin diceva “l’importante è partecipare”, ma quale senso ha una stagione in cui sinora il Napoli ha semplicemente onorato tutte le manifestazioni dove ha giocato dopo aver speso oltre cento milioni di euro?
Un pensierino a Tagliavento non nuovo a imprese negative quando dirige il Napoli. Nessuno, ad esempio, ha dimenticato il rigore fatto ripetere a Hamsik in Napoli-Juventus. Ieri, ha prima espulso Ghoulam, poi non ha fatto altrettanto con Rodriguez e Savic per due fallacci su Insigne e su Mertens. E il San Paolo ha dedicato un coro all’arbitro ternano.
Ps. L’infortunio di Mertens è l’ennesimo nel Napoli in una stagione caratterizzata anche da tantissimi stop che hanno ulteriormente complicato il rendimento della squadra. Il Napoli è stato baciato dalla sfortuna. Mai nulla di simile durante gli anni di De Laurentiis. Basta ricordare gli infortuni di Maggio (23 settembre 2013), di Zuniga (18 ottobre 2013), di Mesto (2 novembre 2013), di Hamsik (23 novembre 2013), di Reina (21 dicembre 2013), di Behrami (3 gennaio 2014), di Rafael (20 febbraio 2014), ancora di Maggio (al rientro dalla trasferta in Portogallo) e ieri quello di Mertens.