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Augurissimi di cuore, Diego

Prima di Lui, grandi campioni, grandissimi campioni, alcuni fuoriclasse del calcio: Puskas, Di Stefano, Cruijff, Rivera, Zoff, Schiaffino, Sivori, Boniperti, Rossi, Pelè, Zamora, Garrincha, Best, Mazzola, Suarez, Meazza, Gento, Riva, Beckenbauer, tanti altri…

Il 30 ottobre del 1960, in Argentina, nacque Lui, Diego Armando Maradona. Nacque l’uomo che meglio di ogni altro ha saputo significare, impersonificare, rappresentare il gioco del Calcio. Diego Armando Maradona è stato ed è ancora il Calcio. Certamente non amato da tutti, ma da tutti tenuto in grandissima considerazione.

Nessuno prima di lui aveva mostrato al mondo le magìe che Dieguito ha saputo esprimere, inventarsi. In partita o durante gli allenamenti, classe, stile, furbizia, tocco divino del pallone. Amava quanto faceva, era il primo a divertirsi. Era bravissimo con il sinistro, era ancora più bravo a capire in anticipo le intenzioni degli avversari. Nessuno dopo di lui ha saputo imitarlo o eguagliarlo. Ancora si cerca un erede, si pensa che possa essere Messi.

A Napoli, prima di Lui, tutti eravamo pazzi di Omar Sivori che con Altafini e Cané formò un magico tridente, ma il calcio di Sivori era giocato a ritmi meno forsennati, decisamente diversi rispetto a quelli con i quali si misurò Maradona. In Spagna nel Barcellona, in Italia nel Napoli si giocava a cento all’ora, una velocità lievitata negli anni. Bisognava fare tutto in una frazione di secondo. Insomma, era un calcio diverso rispetto a quello giocato da Sivori, da Pelè… E poi, il brasiliano vinse in Brasile e in occasione di mondiali, ovvero di manifestazioni intercontinentali che duravano circa un mese. Maradona ha dimostrato di meritare la maglia di numero 1 in quanto vinse in campionati lunghi e snervanti, vinse in un calcio più esasperato, più “cattivo”, con maggiore stress, ma soprattutto vinse in Italia, a Napoli con la maglia del Napoli. Ovvero, dove si era fatto calcio per sessanta anni senza vincere niente o quasi niente. E non solo per colpe societarie e per limiti tecnico-tattici. Maradona si misurò non solo contro gli avversari che si ritrovava sui rettangoli verdi (spesso con marcature spietate, alla Gentile, spesso con tre o più avversari riservati a Lui), ma anche contro quelli meno… visibili, ma più insidiosi.

Lui, grazie anche ai compagni che lavoravano per sublimare le sue fantastiche doti, si esaltò ed esaltò tutti. Era temuto e rispettato dagli avversari. Ricordo che quando noi si andava in trasferta, la prima domanda che ricevevamo da altri giornalisti era: “Gioca Maradona?”.

Lui, imprendibile in campo, era un campione di solidarietà e di umiltà, fuori. Non faceva la prima donna nello spogliatoio, non era inarrivabile per noi cronisti che trascorrevamo i giorni accanto a Lui a Soccavo. Sette anni, tantissimi ricordi quasi tutti bellissimi: il suo arrivo nel 1984 nel ritiro a Castel del Piano, il suo primo gol con la maglia del Napoli, i giorni degli scudetti, della conquista della coppa Uefa a Stoccarda, una mia intervista con lui per il mensile “Ciak” (parlammo a lungo del suo rapporto con il mondo del cinema), i suoi interventi in televisione accanto a Pesaola, la preoccupazione di noi giornalisti quando non si avevano notizie certe sui movimenti di Dieguito…

Lui, che subiva centinaia e centinaia di falli in ogni incontro, mai o quasi mai reagì. Solo un gesto di esasperazione nei confronti di Criscimanni, al San Paolo in un Napoli-Udinese.

Lui spesso ha dovuto combattere anche contro se stesso. Nonostante il grandissimo affetto dei suoi familiari, non è stato facile per lui uscire dal tunnel in cui si era infilato. Anche l’ultimo dribbling, però, quello contro la droga, gli è riuscito.

Oggi, a 50 anni, Diego Maradona resta il re del calcio. Più di Pelè, di Zico, di Platini, più di tutti. Quando negli ultimi anni ho sentito parlare di Fenomeno, riferito a Ronaldo, spesso ho sorriso, ho pensato a come la coerenza, i ricordi, la saggezza e il senso della misura siano doni di cui non tutti possono vantarsi.

Oggi, per i suoi primi 50 anni, sento di dirgli solo AUGURISSIMI DI CUORE, DIEGO e grazie per quanto hai saputo regalarci da figlio di Napoli, da scugnizzo nato in Argentina. Nessuno di noi ti dimenticherà. Mai.

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